Scrivo dal letto, preoccupata che la luce della mia abat-jour svegli nuovamente g., che si è appena riaddormentato – la fine di un’altra giornata, in un periodo in cui i giorni cominciano a sembrare tutti uguali.
Ci sono momenti in cui tutto sembra sfuggire di mano, in cui lo spazio intorno non è mai abbastanza, in cui il tempo rimane immobile nel suo scorrere sempre più veloce. Ultimamente, i rifiuti (ricevuti, più che indirizzati) affollano la maggior parte delle mie – sparute – conversazioni, di qualsiai genere siano. È una fase di stallo, e mai come ora, invece, vorrei essere in movimento.
Mai come ora mi manca una casa, un posto che io possa riconoscere come mio – e nostro–, che accolga non solo le mie cose e la mia famiglia, ma soprattutto il mio cuore e i miei pensieri – in cui io riesca a sentirmi aperta.
Per ironia della sorte, la canzone sto ascoltando incessantemente in questa situazione si intitola “Exile”, e nonostante racconti la sensazione contraria a quella che sto vivendo io, riesco lo stesso a fare mio il suo testo:
I think I've seen this film before
And I didn't like the ending
You're not my homeland anymoreSo what am I defending now?
You were my town, now I'm in exile, seein' you out
I think I've seen this film before
Incredibilmente, non è una persona che mi manca da chiamare “casa”, ma un luogo fisico, delle mura e, ancora di più, lo spazio che racchiudono. Che, in questo momento, non è quello che abbiamo lasciato a Milano, e non è questo, che occupiamo ormai da più di un mese, ormai famigliare nella geografia, ma distante emotivamente. Ed è una mancanza fisica, tangibile, che si sente nella dita, prima ancora che nell’animo.
Qualche sera fa, chiudendo le finestre, in soggiorno è entrata l’aria pungente e secca tipica di quando potrebbe nevicare. “I smell snow,” ho commentato come la migliore Loreai Gilmore, e G., mentre accendeva il camino, ha risposto citando una delle mie poesia preferite, Stopping by Woods on a Snowy Evening di Robert Frost:
Whose woods these are I think I know.
His house is in the village though;
He will not see me stopping here
To watch his woods fill up with snow.
My little horse must think it queer
To stop without a farmhouse near
Between the woods and frozen lake
The darkest evening of the year.
He gives his harness bells a shake
To ask if there is some mistake.
The only other sound’s the sweep
Of easy wind and downy flake.
The woods are lovely, dark and deep,
But I have promises to keep,
And miles to go before I sleep,
And miles to go before I sleep.
È ora di spegnere la luce.
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3G - Una vita lenta e obsoleta
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