#3 - Scappare da un paese con ventimila abitanti
Eddy Merckx e il film dei miei 16 anni che non passa il Test di Bechdel
Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e da te stesso non ci scappi nemmeno se sei Eddy Merckx.
Quando avevo 16 anni sono usciti due film che sono diventati subito due ossessioni, anche se uno sono riuscita a vederlo solo l’anno successivo.
L’altro è Radiofreccia, opera prima del nostro Lucianone Ligabue nazionale, particolarmente in stato di grazia nel raccontare la provincia – certo, lui è di Correggio e cresciuto a pane e Pier Vittorio Tondelli, e nel 1998 quel lavoro era sembrato – non solo a me, vista la valanga di premi ricevuta – una degna eredità.
Era difficile trovare qualcuno che non avesse scritto sul diario il famoso soliloquio (è una vita che sogno di scrivere “soliloquio” da qualche parte) notturno di Freccia – erano i tempi dei grandi monologhi generazionali, con Ligabue e Stefano Accorsi fianco a fianco del “Choose life” di Danny Boyle e Ewan McGregor; dei CD masterizzati delle colonne sonore; e dello scontro tra rock e britpop che trovava pace in David Bowie. Sono passati 22 anni, e di quel monologo nella mia mente erano rimaste solo le rovesciate di Bonimba, il padrone di casa che viene a chiedere l’affitto, e le Inter belle in maniera diversa.
L’altra sera l’abbiamo fatto partire su Amazon Prime Now, con la solita trepidazione proustiana che mi prende ogni volta che posso riappropriarmi di qualcosa della mia adolescenza. Davanti ai miei occhi, però, per 112 minuti è passato un concentrato di retorica e stereotipi che rappresentava esattamente ciò da cui tutti i personaggi cercavano di smarcarsi, rincarato dalla pessima recitazione di Francesco Guccini, e che dimostra con grande imbarazzo l’incapacità maschile di rapportarsi con dei personaggi femminili che non servano da sfogo per la frustrazione del maschio.
Ma, in mezzo a questa anti-epifania, una luce si è accesa. Una frase, all’interno di quel monologo, di cui non mi ero mai accorta – neanche nel 1998, perché altrimenti sono sicura che sarei arrivata a tatuarmela in fronte. “Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e da te stesso non ci scappi nemmeno se sei Eddy Merckx.” La fregola che mi ha fatto fuggire dal posto in cui sono cresciuta per cercare città sempre più grandi, lì, pronta per i miei occhi e le mie orecchie, eppure mai colta – o forse rimossa?
Il luogo comune di ogni crisi esistenziale, che ti sembra così stupido e banale, quando la tua prossima destinazione, se tutto va bene, di abitanti potrebbe averne non più di cinquemila.