Poco prima di partire per San Francisco, nel giugno del 2017, mi ero regalata un Writing Notebook, un quaderno costellato di prompts e esercizi per scrivere di città e luoghi. Avevo visto un corso su internet a riguardo, ma l’idea di avere un supporto fisico che mi accompagnasse piuttosto che un video da guardare e da cui prendere appunti mi sembrava più adatto al mio viaggio imminente.
Quando è arrivato, la prima cosa che ho fatto è stata ricoprire il taccuino con una copertina trasparente, per preservarlo dalle lunghe giornate nella mia borsa che avrebbe avuto davanti a sé. Ho letto le prime pagine, le prime attività proposte, e poi basta, per non rovinarmi la sorpresa, per evitare di andare a cercare ciò che mi chiedeva di raccontare, invece che raccontare ciò che mi capitava realmente.
Un quaderno bianco pieno di spunti, un aereo intercontinentale per la mia città preferita, una vita nuova da costruire: cosa avrebbe potuto chiedere di meglio, la me scrittrice che ogni tanto si risveglia?
Quando sono tornata a casa, le pagine del quaderno erano ancora completamente vuote, la costa immacolata, la copertina rigida e piatta. Non l’avevo nemmeno aperto.
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Da quel mese di giugno, il mio writing notebook ha soggiornato in innumerevoli borse, zaini e valigie in giro per il mondo. Lo portavo in giro a Milano, era la prima cosa che entrava nel mio bagaglio a mano quando prendevo un aereo, veniva con me quando andavo a trovare mia madre o mio padre.
Sapevo che lì dentro ci sarebbe stata la formula magica per rendere finalmente reale tutto ciò che negli anni si era affastellato nella mia mente, ma ogni volta che provavo ad affrontarlo, qualcosa mi bloccava. L’idea di avere la possibilità di concretizzare il mio desiderio era più forte della volontà di realizzazione stessa. Quello era il libro che avrei voluto scrivere, che avevo iniziato durante innumerevoli corsi di scrittura (e c’è chi ancora si ricorda di quando “avremmo dovuto girare a destra”…), e che non ha mai visto la luce. Quel quaderno era il mio mentore muto, che avrebbe iniziato a parlare se solo gliene avessi data la possibilità, ma che ho sempre preferito silente.
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A un certo punto, poco dopo che G. si è trasferito da me, il writing notebook è sparito. Sulla scrivania, nello zaino, nei borsoni, sulla libreria: niente. Il libro non c’era più, e neanche il trasloco me l’ha restituito. Mi chiedo se qualcuno che abbiamo ospitato non l’abbia portato via, facendo girare la grande ruota del karma dei libri sottratti in ogni luogo o casa in cui abbiamo dormito negli ultimi anni.
Ho pensato tante volte di ricomprarlo, ma nessuna nuova copia sarà il mio writing notebook. Ed è solo l’ennesimo modo in cui le storie scivolano via da me.