Qualche anno fa, il professore con cui mi sono diplomata a Brera – nonché mio nume tutelare del pensiero contemporaneo, la persona che più ho amato accademicamente e di cui ho sempre temuto il giudizio personale prima che didattico – mi ha invitata a parlare ai suoi studenti della mia vita post-accademia. In un dibattito che potrei intitolare “Moriremo tutti (post-)strutturalisti”, ho cominciato a parlare di consumi e prodotti culturali, trovandomi su una traiettoria lontanissima dalla sua. Dopo pochi scambi, lui aveva sorriso commentando “sembra un dialogo tra Adorno e Roland Barthes”, lasciandomi nel dubbio di avermi dato dell'imbecille ma in modo molto intellettuale – perché, comunque, la sindrome dell'impostore, quella, è per sempre.
Consumare prodotti culturali è quello che faccio nella mia vita, tutti i giorni, svariate ore al giorno. Parlarne e condividerli una delle mie cose preferite. Questo è Almanac, il nuovo verticale di 3G, nato e voluto perché tutto questo tempo passato in compagnia di opere altrui smetta di essere un soliloquio. Qualche volta sarà organizzato per temi, altre solo un insieme disomogeneo di cose che, secondo me, vale la pena far conoscere.
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Saluti dalla provincia
Ultimamente, trovo molto fastidioso il pensiero metropoli-centrico che invade la mia bolla di contatti e conoscenze. La narrazione delle grandi città è ormai stantia e poco interessante, egoriferita, miope di fronte alla vastità di territorio che esclude in modo snob ed elitista. Il mio rifugio è sempre stato la provincia americana, ma da quando è diventato difficile viaggiare, la mia curiosità si è aperta alle aree lontane dai grossi centri di diverse parti dell’emisfero – in pratica, a quelle italiana.
Una cosa da guardare
Lo scorso 3 gennaio è morto Gianni Celati. Non avevo mai approfondito il suo lavoro, e la sua scomparsa è stata l’occasione per farlo.
Ho trovato nei suoi documentari il modo perfetto di raccontare la provincia: l’apice della normalizzazione della vita, senza la ricerca dell’esotismo, del bizzarro, del diverso, e senza la romanticizzazione che invece mi fa trovare stucchevoli le foto del suo amico e sodale Luigi Ghirri.
Il migliore della sua trilogia del Cinema all’aperto è senza dubbio Strada provinciale delle anime: il diario meta-cinematografico (gli operatori, le indicazioni ai partecipanti e le comunicazioni via radio tra il regista e i macchinisti sono parte vitale della narrazione) di una gita sul delta del Po, organizzata nel 1990 affittando una corriera azzurra e invitando parenti e amici a prendervi parte, tratteggiando, così, un affresco di umanità unico. Una delle frasi più belle del film viene pronunciata subito all’inizio, in sottofondo all’apertura: “Adesso tutti vogliono fare i viaggi a casa di dio, per vedere cosa? Io dico la verità, in questo viaggio che abbiamo fatto non ho visto niente di speciale, però non mi è dispiaciuto. Abbiamo visto tanti posti e dappertutto ci sono tante case, come qui. Ma dappertutto c’è tanta gente come noi.”
Strada provinciale delle anime è disponibile su Dailymotion.
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Una cosa da leggere
Luigi Celati era anche un grandissimo scrittore, che godeva del plauso di Italo Calvino. I libri con cui è arrivato quasi alla perfezione, secondo me, sono Narratori delle pianure del 1985 e Verso la foce del 1989.
Narratori delle pianure è una raccolta: ufficialmente si direbbe di racconti, in realtà la definizione esatta sarebbe di storie. Storie sentite raccontare, raggruppate in un volume che si apre con una mappa: una cartina stradale che unisce Gallarate, Ravenna e Sottomarina per seguire il tragitto della narrazione. Tutte le opere di Celati sono in movimento, tutta la sua produzione (sia video che letteraria) porta il fruitore a sedersi vicino a un finestrino per scoprire cosa sta scorrendo al di là del vetro. Verso la foce porta questo moto perpetuo al suo massimo, presentandosi come la versione scritta delle immagini del viaggio in torpedone che sarà intrapreso da lì a poco. Un vero e proprio diario in cui trovano spazio gli stessi resoconti puntuali e asciutti di quattro escursioni nella Pianura Padana intraprese insieme a un gruppo di fotografi che, come spiega lo stesso Celati nella prefazione “si dedicavano ad una descrizione del nuovo paesaggio italiano”.
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Una cosa da scoprire
Un’altra persona che aveva trovato nella provincia italiana un luogo dell’anima era Giancarlo DiTrapano, il fondatore di Tyrant Books, una delle case editrici statunitensi che più hanno contribuito al canone letterario dei primi due decenni del duemila.
Gian era nato in West Virginia, ma i suoi nonni erano originari della provincia di Latina. Nel 2016 aveva ripreso possesso del castelletto di famiglia di Sezze per trasformarlo in una residenza/ workshop per scrittori chiamata Mors Tua Vita Mea (in puro stile Tyrant) insieme alla scrittrice Chelsea Hodson – che qui ha raccontato proprio questa sua esperienza nella campagna italiana.
Gian non è più tra noi da quasi un anno, e ora il Castelletto di Sezze sta per diventare una fondazione per la letteratura e le arti che porta il suo nome. L’inaugurazione sarà il 30 gennaio, nel giorno del suo compleanno.
Qui il profilo Instagram della Fondazione.
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Una cosa da ascoltare
Nonostante tutto, ci sono amori metropolitani che fanno fatica a finire. Uno di questi è Josh Tillman aka Father John Misty, che ha annunciato da poco un nuovo album per aprile. Molto più interessanti, però, rispetto a ciò che si è sentito di questo Chloë and the Next 20th Century, sono i mixtape che sta compilando come Artist in Residence per BBC6 con brani dalla sua collezione personale.
Il primo, Nostalgic Sounds For Reflection, si può ascoltare su BBC Sounds.
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Per questa volta è tutto.
Al prossimo almanacco, chissà quando, chissà come.