È lunedì mattina e in questo momento dovrei essere qui a battere sulla tastiera per il mio datore di lavoro, ma non riesco a togliermi dalla testa alcune cose che sono emerse durante la visione matta e disperatissima dell’ultimo Festivàl di Sanremo, quindi perdonatemi: un brevissimo zibaldone festivaliero, per riuscire poi a concentrarmi sulla vita di tutti giorni dopo i 10 giorni più assurdi della mia vita (e grazie a Giacomo Leopardi per l’ispirazione).
Il festivàl è un momento che appartiene alla mia famiglia da quando era ancora al casinò. I miei nonni e i miei prozii ci hanno suonato, diretto l’orchestra e scritto brani in gara; mia mamma era in platea, io l’ho sempre guardato in TV. Sempre.
Quest’anno, giovedì 27 gennaio io e g. siamo risultato positivi al covid. G. e mia mamma, che era a casa nostra per qualche giorno, no, quindi noi contagiati siamo emigrati nella casa in cui abbiamo passato l’anno scorso per evitare spargimenti di virus e di sangue. La nostra visione del festivàl è iniziata proprio lì, ed è passata da un ritorno a casa dopo un tampone di controllo negativo, rendendola l’edizione più frammentata della nostra esperienza. Ma nonostante tutto, ce l’abbiamo fatta.
Il primo ad aprire in assoluto Sanremo ventiventidue è stato Achille Lauro, nell’unica esibizione seguita con attenzione da g., che per una settimana mi ha poi chiesto in continuazione “quando torna Achille Lauro?” – domanda la cui risposta è passata velocemente da “spero presto” ad “vai a nanna che non ne vale la pena”.
Per rimanere in tema, La rappresentante di lista si posiziona nettamente al primo posto nella fascia demografica 0-6.
Ogni tanto, durante l'esibizione di Mahmood, pensavo che casa sua era uno degli appartamenti bruciati nella torre di via Antonini, e mi veniva in mente questa intervista pazzesca di Monica Vitti, ormai non più giovanissima, con un telefono carbonizzato in mano, che racconta di come l'incendio di casa sua sia stato l'inizio della perdita della memoria.
È stralciata nel documentario Vitti d’arte, Vitti d’amore, trasmesso in contemporanea al Festivàl su Rai2 nel giorno della sua scomparsa, ma disponibile su RaiPlay: ve lo consiglio, perché è uno dei film più commoventi che abbia visto.
Lo potete trovare qui.Non avevo mai ascoltato Tananai. Non ascolto altro che Tananai. Momento heimat: per farsi amare ancora di più, ha girato il video della canzone più sottovalutata del Festivàl proprio sotto le finestre della mia casa di Milano.
Mi manchi Chiesa Rossa, mi manchi Mercato Comunale dall’odore peculiare.
Tornando al punto precedente, avrei una lunga polemica con il sistema di voto e di assegnazione degli orari delle esibizioni, ma mi asterrò dal renderla pubblica.
Rimanendo qui ancora un attimo, il disco d’esordio di Tananai, Piccoli boati del 2020, ha delle chitarre clamorose. Ci sono poche cose al mondo che fanno la qualità di un brano come le chitarre. Tra le tante cose di pessimo gusto di questo Festival, è senza indugio che si possono classificare come le peggiori le chitarre de Le Vibrazioni
Le Vibrazioni vincono anche il premio Måneskin per il miglior “te piacerebbe”.
Sabato sera abbiamo visto la finale insieme a un amico musicista, che ci ha confidato di commuoversi per la canzone di Dargen. Stamattina ho finalmente ascoltato per bene il testo, senza messe a nanna, spostamenti in macchina e lavastoviglie da caricare nel mezzo, e devo dirlo: Sì, Andrea, hai ragione.
“Ultimamente dormo sempre anche se non sogno
Senza live con il pile sul divano
- Se dormi troppo poi ti svegli morto
Sono d'accordo...”Alla faccia del premio Bardotti per il miglior testo dato a Fabrizio Moro, quest’anno ci sono stati dei versi sparsi che mi si sono piantati in mente, meritevoli di menzione. A chi avrei dato io il premio? Alla seconda canzone più sottovalutata del Festivàl: “Tuo padre, mia madre, Lucia” di Giovanni Truppi e alle sue liriche perfette. E poi sul podio:
“Ti vorrei amare ma sbaglio sempre” – la frase più relatable e meno ammessa della storia dell’uomo.
“Mentre mangio cioccolata in un locale/ Mi travolge una vertigine sociale” – il racconto dei tempi in cui viviamo.Giovanni Truppi vince anche il premio miglior videoclip di canzone in gara, diretto da Francesco Lettieri.
BONUS PER CHI LEGGE DA UN LINK CONDIVISO (perchè me lo sono dimenticato prima di inviare la newsletter): credo sia il primo anno che, per gli arrangiamenti, tutti i brani in gara suonano su disco altrettanto bene – se non meglio – che con l’accompagnamento dell’orchestra. Non è cosa da poco.
Penso che possa bastare così.
Pronta al ritorno all’ordine.