3G è nata ormai tre anni e mezzo fa, in un periodo di grande incertezza e cambiamento che io per prima avevo bisogno di cristallizare e comprendere. Da quando ne ho memoria, ho pensato che la scrittura fosse la mia vita, che le parole nate dalla penna su un foglio o dal battere ritmico su una tastiera fossero il mio destino, la mia meta, il mio eldorado, e che dare una forma scritta ai miei pensieri fosse taumaturgico. Eppure, mi sono accorta che non è così. Non fino in fondo, almeno.
Da quando la parola è diventata la base del mio sostentamento – e ancora di più in questi tre anni e mezzo di rivoluzioni e assestamenti ciclici e costanti – ho capito che c’è un mezzo ancora più potente della scrittura per far esplodere i miei pensieri: la voce. Ciò che amo non è scrivere, ma ragionare, comprendere, elaborare. E il modo in cui il mio cervello lo fa al meglio è parlando, reagendo sull’immediato, senza avere il tempo di pensare troppo a lungo. Lavorare in radio ha aperto la porta al flusso di informazioni che inseguivo da sempre, e che spesso, però, rimaneva incastrato tra le dita. Ho capito che la condizione in cui funziono meglio è parlando dell’argomento che devo affrontare senza prepararmi prima domande o copioni, per evitare di rimanere nuovamente ingabbiata ma permettendo ai ragionamenti di nascere e sbocciare come una scintilla sulla testa di un fiammifero.
Quando
, durante uno degli incontri del nostro club creativo segreto, ci ha spronate a pensare a cosa mancasse per renderci felici nel nostro progetto, io non ho avuto dubbi: sentire gli ingranaggi muoversi perfettamente nella mia mente mentre parlo di prodotti culturali davanti a un microfono.3G dovrebbe essere il luogo in cui mi sento a casa, invece ultimamente aleggiava sopra di me come un’incombenza da rispettare, l’ennesima consegna in una lista di deadline che erodono lo stomaco e l’orizzonte. Sono stata quasi tre mesi in silenzio, per l’ansia della brain fog che si impossessa di me davanti allo schermo e mi convince di non aver niente di buono o di utile da condividere. Allora, vorrei che questo fosse un arrivederci a ciò che 3G è stata fin qui, e un benvenuto a una sua nuova versione. Non posso chiamarla G-Talk, perché purtroppo Google è arrivato prima. Ma è proprio con quel nome che me la immagino: un microfono acceso, anche solo quello del telefono, i pensieri che scorrono, magari ogni tanto un’altra voce che risponda alla mia. Per ora, saranno dei mini-podcast ospitati in questo spazio – ma anche questo è un aspetto su cui sto ragionando. Spero che le mie parole, ascoltate invece che lette, possano continuare ad accompagnarvi come hanno fatto fino a ora.
RASSEGNA STAMPA
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Lo scorso 30 gennaio Giancarlo DiTrapano avrebbe compiuto 50 anni. Mentre negli USA il suo nome è stretto a doppio giro al mondo lettrario newyorchese, nonostante le origini italiane nel nostro paese la sua storia è ancora per lo più sconosciuta. Ho voluto ricordarlo spiegando perché, invece, tutti dovrebbero conoscerlo anche qui.Esquire | La ragazza triste, eterno work in progress
Sara Marzullo ha sdoganato l’autoteoria in Italia raccontando i suoi vent’anni da internet sad girl e analizzando perché, fin dagli albori, l’umanità è ossessionata dall’eterna giovinezza femminile.
CI VEDIAMO LÌ
Alla prossima nuova vita,
G
In bocca al lupo per questo bel cambiamento… sicura che il risultato sarà qualcosa di bello, e io non vedo l’ora di ascoltarti ✨
Quanto sono contenta che tu abbia capito una cosa così importante proprio grazie al nostro club? Un milione. Viva i cambiamenti, viva assecondarsi. Non vedo l'ora di ascoltarti. Go go go go!