Sto facendo casino.
Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare un modo e delle parole migliori per dirlo.
Ci sono dei periodi in cui tutto è fuori posto, e più si prova a mettere ordine, meno questo ordine arriva. Questi momenti, io li affronto con la strategia meno efficace e utile che conosca: frammentando.
Lo sto facendo anche ora, che sento tutte le idee e gli stimoli che ricevo accumularsi in un groviglio come le macchine negli incidenti disegnati da Richard Scarry nei libri di g.
Cerco spazi e modi per questi pensieri, corrosa dalla frustrazione di non avere un outlet per poterli esprimere, e finisco per disperderli continuando a creare contenitori diversi che possano accoglierli e farli vibrare nel mondo. Inizio quaderni che poi, passata la crisi, abbandonerò; apro spazi digitali che, nel completo disinteresse altrui, poi non aggiornerò più. Vorrei solo essere ascoltata.
La mia vita trascorre nel terrore di non essere ascoltata, nell’horror vacui di riscontri che non arrivano. “Come fai a essere ascoltata se non parli? Come fanno a sapere cosa hai da dire, se non lo tiri fuori?” – lo so. Vorrei che gli altri mi leggessero nel pensiero, vorrei uscire da questa echo chamber che mi ricorda costantemente solo che non c’è nessuno, là fuori, ad accogliere la mia voce. “Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.” No. Non ci provo neanche più, schiacciata dall’ansia da prestazione.
Vorrei solo che qualcuno mi dicesse che ci sono anche io, lì fuori.