Sembra tutto così semplice: prendi un foglio, stampi un calendario, lo riempi di scadenze, appunti, cose da ricordare, contenuti con cui riempire gli spazi. Farlo dà un senso di forza e di benessere, una scarica di endorfina che non ho mai sentito neanche dopo aver piazzato una palla al limite della linea al mio maestro di tennis. Le parole risuonano nella testa per giorni e giorni, le dita fremono per battere sui tasti con anticipo impaziente. Poi, la vita ricomincia a riprendersi, come l’edera selvatica, tutto ciò che avevi pulito e liberato nel bosco della tua mente. Gli impegni aumentano, i lavori si affastellano, e il corpo decide di arrendersi, fuori controllo. Sento le orecchie ronzare, la testa pulsare; se apro gli occhi, la stanza gira vorticosamente. E tutte le scadenze, gli appunti, le cose da ricordare e i contenuti con cui riempire gli spazi si perdono in un passato lontanissimo, come se non mi fossero mai appartenuti. Rimane il vuoto. E le prime foglie verdi sull’ippocastano fuori dalla finestra, pronte ad aprirsi al sole di primavera.
COSE DA GUARDARE
Ogni volta che arriva questo vuoto mi ritrovo a guardare la stessa cosa, ed è una cosa ammantata di una malaise senza fine, che trascina in un vortice da cui ci si riesce a riprendere solo all’ultima puntata: Mad Men. Ogni volta che nella vita si è aperta una voragine, quel buco nero aveva l’espressione disperata di Don Draper. Sono stata Joan, sono stata Peggy, sono stata Pete Campbell. Il mio rapporto con la mia vita professionale è sempre stato pessimo, e in quell’agenzia ho sempre trovato qualcuno intrappolato come me.
COSE DA LEGGERE
Una delle cose che mi sembra rimasta in un passato lontanissimo è Bookpride, che invece è stata solo dieci giorni fa. L’edizione di quest’anno comprendeva una serie di appuntamenti che mi interessavano molto: il cantiere esordi. Ho cercato di leggere quantə più autrici e autori possibili tra quellə invitati a raccontare il proprio primo libro, scoprendo romanzi e memoir veramente interessanti:
Grande nave che affonda di Andrea Cappuccini (Atlantide) usa la lingua parlata come quella scritta e viceversa, trasportando nel continuo cambiamento e nella pseudologia fantastica delle borgate romane.
L’amore è un atto senza importanza di Lavinia Mannelli (66thand2nd) riporta alla letteratura romatica di fine Ottocento e all’ossessione per gli automaton e i pupazzi meccanici. Al contrario di quanto succedeva tra le pagine di E.T.A. Hoffman, qui, però, non è l’uomo a innamorarsi di una bambola, ma proprio Tamara a dirigere la narrazione e i sentimenti.
Male a est di Andreea Simionel (Italo Svevo) si svolge tra la Romania e Torino nelle vicende di una famiglia, che conosciamo dal punto di vista della figlia minore. Lingue e culture si alternano e si annullano nell’adolescenza di una Andreea che è l’autrice ma che ne è anche un’amica, in una commistione di memoir, romanzo e autofiction.
Parlami di Francesco Zani (Fazi) lascia senza fiato per la profondità con cui racconta il rapporto di due fratelli nella riviera romagnola dal 1990 al 2020. Dentro c’è tutto.
Giulia Scomazzon era venuta a parlare del suo La paura ferisce come un coltello arrugginito a Pagine, su Radio Raheem: potete riascoltarci (e rivederci) qui.
UN DISCO
Gli Stati Uniti mi mancano moltissimo, e ancora di più mi manca raccontare le loro storie, che abbracciano luoghi, persone e forme d’arte. Così, quando mi sono imbattuta in questo disco, mi sono sentita a casa.
Lonnie Holley è nato nel 1950, ma la sua biografia sembra uscita da un libro di Mark Twain. Settimo di ventisette figli nell’Alabama di Jim Crow, è stato venduto dai suoi genitori a 4 anni per una bottiglia di whiskey. Ha fatto il becchino e lavorato nei campi di cotone; è stato dichiarato morto dopo un incidente in macchina; è diventato padre per la prima volta a 15 anni, e ora ha quindici figli. È diventato artista assemblando materiali poveri per realizzare delle lapidi e da allora le sue sculture sono arrivare allo Smithsonian e alla Casa Bianca, ma il suo studio è stato espropriato e abbattuto alla fine degli anni Novanta per consentire l’ampliamento dell’aeroporto di Birmingham, AL. Ha cominciato a fare musica nelle chiese, e ora, a 72 anni, è uscito un suo nuovo album per Jagjaguwar, in cui tutti artisti e amici della label si sono riuniti per dare supporto a questa carriera senza pari. Michael Stipe, Sharon Van Etten, Moor Mother, Justin Vernon/ Bon Iver e Rokia Koné fanno da co-piloti a Lonnie Holley per portare il suo messaggio, spirituale e iconoclasta, nell’alto cieli.
Amen.