[Non ho saltato la #13. La #13 l’ho scritta un paio di settimane fa, è nelle bozze, e prima o poi arriverà. Ora, semplicemente, non è ancora il suo momento]
Viviamo da quasi due mesi in quella che è sempre stata la stanza G, finché non è andato a vivere da solo. Ieri sono venuti gli operai a sostituire i serramenti e gli infissi. Nel poco tempo in cui ho occupato quella camera, ho imparato a conoscere la prospettiva fuori da quella finestra (sì, proprio quella) e mi sono chiesta come sarebbe cambiata, dopo quell’intervento. “Ti rendi conto che tra poco il filtro attraverso cui hai guardato l’orizzonte per gran parte della tua vita cambierà per sempre?”, ho detto a G., pensando a quel telaio e quel vetro nuovo. “È un pensiero troppo romantico per la mia mente”, è stata la sua risposta, stupita come lo sguardo con cui ha accolto la mia domanda.
Ma il mio non era un pensiero romantico – se proprio avesse dovuto avere un aggettivo, per me piuttosto sarebbe stato filosofico. Mi sono accorta solo in quel momento come, per formazione, io sia abituata a ragionare con cornici, schermi e limitazioni dello sguardo come apparati funzionali alla nostra fruizione della realtà. Davanti a un vetro sostituito, la prima cosa che penso è a come cambieranno i colori che filtreranno da quello nuovo. E la nuova forma della finestra, senza la fascia di legno orizzontale segnarne i tre quinti, a cosa permetterà di entrare nel campo visivo, che finora era stato schermato? Il nostro sguardo, abituato a un panorama a quattro riquadri, come reagirà a una nuova visione a due sezioni?
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Ieri sera mi sono iscritta a un corso di scrittura. Durerà un anno, una lezione alla settimana. Amo pensare a cosa scrivere tanto quanto detesto scrivere, che pure è la cosa che amo di più fare. Leggo in giro che è normale, ma chi lo dice ha molta più autorevolezza di me in materia. La prenderò come una legittimazione.
Come cantavano gli Afterhours, ho tutto in testa ma non riesco a dirlo
. Mi capita da sempre, e non mi ci sono mai abituata. Colleziono prompts, MOOC di grandi università, newsletter ispirazionali. Niente.
E, immancabilmente, prima o poi leggo l’articolo che avrei voluto scrivere io e che non mi sono decisa a tirare fuori dalla mia mente, firmato da qualcun altro. Il maestro Yoda mi prenderebbe a spadate laser sulla testa, e avrebbe ragione.
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La #13 invece di inviarla la incollo qui:
#13 - Somewhere
And the dreams that you dare to dream really do come true
Le notizie che ti cambiano la vita arrivano silenziose via SMS, alla fine di un pomeriggio qualunque, mentre stai facendo una delle cose più ripetitive che ti accompagnano da 7 mesi a questa parte.
Succede talmente senza clamore che neanche te ne accorgi, le assimili come un dato di fatto, e vai avanti con la tua attività da nulla.
E non sai se reagisci così per il modo in cui è successo, o perché ormai sei assuefatta a non aver più nulla per cui gioire come meriterebbe.
Così, un mercoledì pomeriggio verso le 18, mentre hai in mano l’ennesimo pannolino sporco, G. solleva il telefono e senza neanche sbloccare lo schermo ti dice: “È la banca, hanno approvato la delibera del mutuo”. E tu lo guardi, e rispondi distratta, mentre pensi alla cena per g., a quando riuscire a lavarti i capelli prima di portarlo dalla pediatra, agli ordini su Ebay che chissà se arrivano per Natale. Non ti accorgi che la persona che ti ha già cambiato la vita ti ha appena detto che sta per cambiare di nuovo, che sta per assumere la forma che hai plasmato nella tua mente desiderio dopo desiderio.
Non provi nulla. Ultimamente è così. Ma nella tua testa quelle poche parole hanno una forma, e un calore che è quello che per tutto questo tempo hai aspettato di ritrovare.
Questa è
3G - Una vita lenta e obsoleta
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